I quasi 140 anni di storia del David Chiossone, lo hanno trasformato in un punto di riferimento per la comunità di non vedenti nel panorama dell’assistenza più aggiornata.
In un’epoca in cui la pubblica stupidità e la malvagità si divertiva con le “botte da orbi” (spettacoli con giovani ciechi che si battevano all’interno di un ring per sfuggire all’alternativa dell’accattonaggio), il medico e studioso David Chiossone nel 1868 propone un diverso approccio: “istruire, non nutrire”. In pratica l’obiettivo era quello di porre fine al mero sostentamento dei minorati della vista e favorire invece la loro autonomia e autosufficienza attraverso la scuola, la maturità culturale e la formazione professionale.
A raccogliere l’appello di Chiossone non fu un luminare dalle idee riformatrici, ma un semplice commerciante di pesce come Virgilio Cipollina, genovese schivo e riservato. Di lui si sa soltanto che era un uomo facoltoso e che viveva con la moglie in una splendida villa stile Coppedè sul lungomare di Corso Italia, lasciata poi in eredità all’Istituto con una lapidaria dedica: “Perché il sole ne scaldi le spente pupille”.
La sua volontà precorreva così tanto i tempi che per mezzo secolo non fu possibile realizzarla. “Le poche parole che accompagnavano l’atto di donazione erano per noi un enigma, un mito, un senso di colpa e insieme un incitamento a operare nella direzione indicata”, dice Claudio Cassinelli, presidente dell’Istituto, ora che è riuscito finalmente a creare nella pregevole dimora il Centro di riabilitazione visiva per ragazzi. Si tratta di una struttura di alto profilo scientifico in grado di accogliere anche neonati con problemi alla vista e i loro genitori: in un ambiente confortevole i giovani possono essere seguiti fino a diciotto anni con i più validi sostegni terapeutici e riabilitativi.
Il 1971 è la data che apre un nuovo corso sull’onda del ’68. La “rivoluzione culturale” avviata al Chiossone anticipa la riforma sanitaria del 1978 e precede la legislazione fino al 1990, quando la riabilitazione visiva (qui già ampiamente praticata) sarà compresa tra le prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale. Con il nuovo assetto normativo il cieco, un tempo oggetto di carità
e poi di solidarietà, passa nel ruolo di titolare di un diritto.
Oggi l’esperimento di Genova va oltre: da una parte i migliori specialisti della Clinica Oculistica Universitaria di Genova e del Gaslini assicurano il necessario rigore scientifico sul versante diagnostico-terapeutico e riabilitativo, dall’altra autori e studiosi del mondo artistico-culturale hanno approfondito i meccanismi di una sensorialità alternativa, basata sul tatto e sulla capacità di riconoscere gli oggetti, la loro forma (qualcuno sostiene perfino il colore), senza l’aiuto della vista.
Simbolo di moderna ricerca scientifica è “il Cubo”, un’installazione realizzata al Porto Antico nel 2004, anno in cui Genova è capitale europea della cultura: un “percorso tattile” dentro un volume di dieci metri per lato, dove sono state sistemate “archeo-sculture futuriste”, mosaici e figure plastiche da riconoscere solo attraverso il contatto con le dita (il pubblico vedente era invitato a entrare con gli occhi bendati).
Tra le risorse per assicurare occupazione ai ragazzi ciechi o ipovedenti, particolare importanza è stata attribuita all’informatica. “Ora la cooperativa sociale che si occupa di preparare professionalmente i giovani sul web” spiega il vice presidente dell’Istituto, Eugenio Saltarel, “ha ottenuto il riconoscimento nazionale come ente certificatore: dovrà verificare se siti o portali della pubblica amministrazione sono accessibili ai disabili, così come prescrive la legge.” Per fronteggiare il crescente fenomeno dei pluridisabli, cieco-sordi o cieco-paraplegici, cui si aggiungono i casi complicati da disturbi psichici, è stato inaugurato il Centro Diurno “La Giostra dei Laboratori”, sono state avviate attività di riabilitazione per adulti e anziani ipovedenti e ciechi, sono state aperte le residenze per anziani (tra cui una specificamente dedicata a ciechi e ipovedenti) ed è stata creata la comunità “Il Caprifoglio” per pazienti psichiatrici. Infine, è in cantiere un progetto intitolato “Durante – dopo di noi”, ossia una struttura residenziale che assicurerà alle famiglie di persone plurihandicappate periodi di pausa e assistenza quando loro non potranno più occuparsene direttamente.