di Enrico Ceppi (fasc. 1, anno 2005)
[Già pubblicato in Luce con luce. Rivista trimestrale della Scuola di Metodo “Augusto Romagnoli” per gli educatori dei ciechi, 1 (1957), n. 1, pp. 40-46]
Per avere una coscienza esatta dello stato in cui si trova la motilità di quei soggetti che presentano come deficienza sensoriale, la totale mancanza della vista, è necessario osservare bene il ruolo che la vista svolge nello sviluppo motorio del bambino.
L’esame attento di un gradiente di crescita ci documenterà meglio di qualsiasi altra analisi empirica sulla natura effettiva di queste deficienze. Riporto qui alcune analisi di un gradiente di crescita relativo alla correlazione occhi-mani dal quale sarà possibile dedurre lo stato del bambino cieco che non possa contare su di una normale correlazione. La correlazione occhi-mani è distrutta e quanto si stabilisce per compensazione spontanea non è sufficiente a garantire un normale sviluppo dell’attività corporea.
GRADIENTE DI CRESCITA. Occhi-Mano
[Gessel, Il Fanciullo dai cinque ai dieci anni, pag. 348-353.]
4 Settim. Fissa con sguardo vano l’ambiente. Cerca la luce delle finestre o un oggetto lucente che si muova. Guarda un oggetto posto nel suo campo di visione.
8 Sett. Segue una persona che si muove e un oggetto vicino rotando alquanto la testa oltre il centro.
12 Sett. Guarda in direzione della mano in posizione da riflesso tonico del collo. Tiene un oggetto in mano, guardandolo per un momento. Fissa più a lungo una lampadina accesa o una persona.
16 Sett. Ruota la testa ed ispeziona l’ambiente. Muove le braccia mentre guarda un oggetto e guarda dalla sua mano all’oggetto. Percepisce rapidissimamente una pallina di otto millimetri sulla tavola.
28 Sett. Maneggia attivamente; batte, scuote e trasferisce oggetti da una mano all’altra. Con un giocattolo in mano percepisce con la vista la mano libera che si muove. Tende le mani, guarda e tenta di appropriarsi di oggetti a portata di mano. Percepisce ambienti nuovi. Occupato a guardare intorno quando va in carrozzina.
40 Sett. Raccoglie e tocca col dito cose piccolissime con prensione indice-pollice, di recente acquisita. Rilascia rozzamente. In carrozzina si diverte con i suoi giocattoli, mentre si guarda intorno.
52 Sett. Mette giocattoli dentro e fuori il recipiente. In carrozzina ispeziona automobili, pedoni e cani.
15 Mesi. Getta i giocattoli per giuoco. Rilascia un dado sull’altro e fa dondolare un giocattolo in fondo a una cordicella. Tenta di scribacchiare strofinando o battendo una matita su di un pezzo di carta. Gli piace guardare fuori della finestra gli alberi che si muovono e le automobili. Batte o maneggia un libro illustrato.
18 Mesi. L’attenzione è breve, ma nella sua durata accoglie il comportamento degli adulti e lo imita. Costruisce una torre di tre o quattro dadi. Volta parecchie pagine di un libro e guarda le figure, nominandone almeno una. Guarda fuori della finestra la gente, gli aerei, la luna.
2 Anni. Guarda e afferra quasi simultaneamente. Mette insieme giocattoli. Rotea l’avambraccio e gira la maniglia d’una porta. Gli piace guardare un oggetto che si muove. Identifica figure su un libro illustrato. Fa esili segni con la matita sulla carta. Costruisce con dadi verticalmente od orizzontalmente in semplice linea, o una torre con varietà di dadi.
5 Anni. La coordinazione è assai più matura. Avvicina un oggetto direttamente, lo prende con precisione e lo rilascia in fretta. Costruisce coi dadi, generalmente sul pavimento, erigendo alte torri o bassi edifici sparsi con strade e piccoli recinti. Manipola la sabbia, facendo strade e case. Modella oggetti con la creta. Se non sa risolvere indovinelli bene e in fretta, chiede aiuto o ci rinuncia. Gli piace dipingere entro appositi disegni, tagliare ed incollare semplici oggetti, ma non ci riesce gran che. Fa un disegno a semplice contorno, generalmente uno per pagina, e riconosce che è «buffo».
Gli piace copiare semplici forme. Dipinge su un cavalletto o su pavimento a larghi colpi di pennello. Gli può piacere di scrivere qualche lettera in questa maniera. Può «cucire» con filo di lana in un cartoncino, rivoltandolo. Può maneggiare i bottoni che vede nel suo vestito, e allacciarsi le scarpe. Posa le dita sui tasti del piano e può tentare qualche accordo.
9 Anni. Variazioni di abilità individuali. Usa bene il martello, cuce facilmente e accuratamente; usa il ginocchio per appoggiarvi il lavoro o la tavoletta. Fa prodotti finiti. Maneggia ed usa appropriatamente gli strumenti da giardinaggio. Costruisce complesse strutture con il meccano. La scrittura ormai è uno strumento. Comincia a fare abbozzi disegnando. I disegni sono spesso particolareggiati. Gli piace specialmente disegnare nature morte, carte geografiche e piante. Le bambine possono disegnare e tagliare un semplice indumento e lavorare a maglia. Si veste rapidamente. Alcuni si divertono a pettinarsi. Interesse nel guardare giochi eseguiti da altri.
Dall’esame del gradiente di crescita, che ho riportato nei suoi punti più salienti, risultano subito con evidenza alcune considerazioni principalissime: le sensazioni visive sono gli stimoli più diretti che spingono il bambino al movimento. Inoltre, gli stimoli visivi sono i coordinatori dei movimenti, dirigono il loro sforzo determinandolo nella quantità e nella durata. Parecchia di questa attività corporea s’impernia nell’imitazione e lo stimolo a fare, deriva dal veder fare gli altri. Anche quest’ultimo è fattore che ha la sua grande importanza.
Noi vediamo che soltanto ad un certo periodo il bambino comincia a seguire con gli occhi, poi a tendere verso le persone, infine ad abbracciare un quadro in movimento, visto per la strada o dalla finestra.
Questo piano di visione sempre più vasto, gli permette d’inserire il proprio io nell’ambito vasto del mondo che lo circonda, di stabilire una serie di riferimenti tra sé e gli altri, di copiare gli atti degli altri, modellando su quelli i propri non ancora definiti. La sua stessa esplorazione visiva di figure, conserva ancora qualche residuo tattile; infatti al primo contatto con un libro illustrato batte con le manine sul libro aperto, quasi volesse rendersi conto anche tattilmente di ciò che esplora. Se lo osserviamo mentre sfoglia un libro di illustrazioni, potremmo notare sul suo volto, in tutto il suo atteggiamento mimico, delle reazioni particolari che sono lo sforzo di imitare con tutta la persona la figura che sta osservando. Sorride a cose belle, si irrita per cose oscure che non comprende, allarga le braccia se così vede essere rappresentato sulla figura, ecc. ecc. Il sistema nervoso è così stimolato da una corrente continua e varia di sensazioni, e le prime fasi dell’inibizione agli impulsi più naturali si compongono sul modello del mondo circostante. Provate a sorridere ad un bambino di cinque, sei mesi, vi risponderà con un sorriso. Forse che con ciò si possa subito dire che quel bambino abbia compreso il nostro stato d’animo e lo ricambi con un sentimento pari al nostro? No; il bambino imita, imita tanto che sorride agli oggetti che luccicano; sorride al cane che saltella intorno alla sua culla, sorride alle foglie degli alberi che si dondolano al vento. Sono tutti stimoli piacevoli che agiscono sulla sensibilità ed hanno il potere di fornire una grande varietà alla sua esplorazione visiva, che si avvale dello sforzo muscolare e prepara l’osservazione intelligente del mondo circostante.
Come procederà lo sviluppo dell’attività motoria nel bambino che non vede? Se invece di attività motoria parlassimo di attività corporea, forse il problema, pur ampliandosi, offrirebbe maggiori possibilità di analisi e di selezioni. Riporto qui i risultati di un esame di comportamento da me svolto su un bambino affetto da cecità bilaterale assoluta, risalente alla nascita e causata da cateratta congenita.
Il bambino T., all’ atto dell’ esame di comportamento, aveva tre anni e tre mesi. Lo sviluppo organico era regolare, il peso superava di qualche ettogrammo il peso della media, l’altezza regolare; non presentava altre anormalità sensoriali o fisiche all’infuori della cecità. Il linguaggio era abbastanza sciolto e comprensibile, presentava soltanto delle difficoltà nella pronuncia della «r» e della «s», per il resto si esprimeva correttamente e con un certo calore. Imitava benissimo i suoni e lo faceva anche spontaneamente. Quando lo si portava a passeggio per le strade o per i campi, permaneva in un continuo stato di esplorazione uditiva e rifaceva suoni inanimati o di animali, trovando in questo un gran divertimento. Quando ho provato a portarlo a passeggio impedendogli di imitare il campo acustico che si imponeva alla sua attenzione, egli mi manifestò in vari modi la sua disapprovazione. Anzitutto imitava lo stesso piano piano quasi tra sé, poi, fatti pochi passi, incominciò a lamentarsi per la stanchezza; verso la fine della passeggiata era completamente stanco, assente dall’ambiente e si lasciava trascinare passivamente, cosa che non avveniva, quando poteva imitare forte la tromba di una macchina, il grido di un rivenditore, il verso di animale. La sua attività motoria era assai limitata. Camminava lentamente senza articolare il passo, presentava nei tentativi di corsa la goffaggine dei bambini di 18 mesi, scendeva le scale e le saliva camminando sui piedi e sulle mani. La prensione della mano era ancora goffa; afferrava con stretta palmare e stringeva anche oggetti piccolissimi con entrambe le mani. L’apertura delle braccia non era completa e, soprattutto, non avveniva simmetricamente, simultaneamente. Stendeva un braccio dopo l’altro e li portava ad un’apertura di angolo diverso rispetto al busto. Costruiva soltanto una torre o un treno con dei grossi cubetti che non richiedessero una successiva esattezza nel sovrapporli; comunque non riusciva a sovrapporne più di due o tre. Non eseguiva nella costruzione con i mattoni, alcuna costruzione che potesse richiamare qualcosa ben definibile. Metteva, se lasciato libero a giuocare coi mattoni di legno nel cortile, in modo disordinato gli uni sugli altri i vari pezzi, facendo varie torri che non erano disposte con alcuna relazione di posizione ma soltanto seguendo il capriccio o la comodità della prensione.
La posizione della testa era quella reclina verso avanti spostata un poco al lato sinistro; non volgeva il capo se prima non lo si chiamava più volte. Anche stimoli sonori interessanti, come potevano essere il suono di un carillon, il battere di un martello su una lastra, il tintinnare del cucchiaio nel bicchiere con l’uovo della merenda, non riuscivano a fargli volgere il capo. Rispondeva, dando segni d’aver riconosciuto; magari si alzava in piedi se era seduto, ma l’atto spontaneo di volgere il capo non si poteva notare. Stando seduto il busto era costantemente inclinato in avanti seguendo esattamente l’inclinazione del capo; in piedi, il busto assumeva una inclinazione verso sinistra; le braccia pendevano quasi inerti ad una lieve distanza dal corpo.
Si confronti ora il comportamento di questo bambino, che dall’ esperienza si può ritenere essere un comportamento comune a tutti i bambini ciechi nati, di quell’età, con il comportamento dei bambini normali alla stessa età e si potrà avere l’esatta cognizione delle deficienze motorie e degli arresti nello sviluppo dell’attività corporea. In questa sede non importa spingere l’analisi sino ad identificare le cause precise e ben localizzate, sino a stabilire dove si debba ricercare il primo distacco del bambino dall’ambiente e quindi il primo venir meno dell’imitazione se a otto settimane o a 32 piuttosto che a 40; ciò che importa in un lavoro di pedagogia è lo stabilire il fatto e cercarne il modo più opportuno per ovviarvi.
Resta quindi assodato che il bambino cieco presenta un grave ritardo nello sviluppo dell’attività corporea ed il ritardo andrà accentuandosi col progredire degli anni. Un bambino cieco di cinque anni avrà un comportamento poco diverso da quello di tre anni che abbiamo descritto.
Ora, se nel primo caso il ritardo era di un anno e mezzo, nel secondo caso diviene di tre anni; investe il funzionamento dell’attenzione, del controllo degli impulsi, dello sviluppo dell’immaginazione, infine mortifica parecchie delle componenti che concorrono a formare l’intelligenza.
Gli effetti sul formarsi di una personalità sono anch’essi assai precisi quando le deficienze dello sviluppo motorio non siano state ovviate con l’opera educativa. Ho tracciato brevemente un quadro psicologico per avere un punto d’appoggio nell’esame pedagogico dell’ intero problema di normalizzazione sensoriale. Sappiamo dove intervenire, perché sappiamo quali cause hanno concorso a determinare la situazione che riconosciamo nel bambino che ci apprestiamo ad educare.
Le cause principali possono essere: mancanza di stimoli efficaci per una reazione dell’organismo ad un adattamento neuromuscolare dell’ambiente, mancanza di un’imitazione che si costituisce ab initio come principio inibitorio e stimolante; grave diminuzione dell’interesse per l’ambiente che circonda il fanciullo, quindi un progressivo rifuggire dall’esterno per ripiegarsi verso il proprio interno. Rivivere i suoni come faceva il piccolo T. non è sufficiente per mantenere un contatto con il mondo esterno, poiché i suoni suscitano solo immagini acustiche che non hanno una estensione spaziale per propria natura e non sono quindi sfruttabili per la formazione di una immaginativa che abbia efficacia generale e quindi possa dirsi spaziale. Le imitazioni acustiche del bambino cieco sono prive inoltre di un vero e sostanziale contenuto affettivo. Imita la macchina che passa per la strada, ma di questa macchina che cosa gli sarà rimasto? Un rumore, un rumore più o meno intenso, più o meno rapido nel passare attraverso il suo campo percettivo; troppo poco per pensare ad una macchina.
Se non si viene incontro a questa deficienza, cercando di colmarla come sarà possibile e sino a dove sarà possibile, si giungerà a quel famoso fenomeno di psittacismo o verbosità, lamentato da parecchi pedagogisti e psicologi che si sono occupati del problema dei ciechi. L’educatore si dovrà quindi proporre tre fondamentali compiti e cioè: arricchire la sorgente degli stimoli, rendendo le sensazioni secondarie tali da poter essere significative alla sensibilità del bambino; sviluppare in lui lo spirito di imitazione, facendo sorgere una serie di stati psicologici che lo portino ad una spontanea estrinsecazione dell’atteggiamento mimico e di comportamento; accrescere il suo interesse per il mondo esterno e giungere a suscitare in lui quella santa curiosità che tanto agisce presso i bambini comuni. Non lasciamoci ingannare a questo proposito: sì, anche i bambini ciechi sono per loro natura curiosi, e come! tempestano sin dalla prima età chi li circonda di mille domande; ma analizziamo un po’ queste domande, ci accorgeremo che si orientano verso l’acquisizione di un patrimonio di nozioni e non verso quelle assai più utili di un patrimonio di immagini e di idee concrete. Sarà poi un poco il distintivo della cecità, questa curiosità intellettuale. Non si pensi che sia questo un aspetto particolare di alcuni individui; esso è generale poiché è strettamente collegato con la natura della stessa minorazione. C’è nella natura del bambino che cresce, c’è nell’esigenza stessa della crescita, questo bisogno di alimentarsi continuamente; ora, non essendo possibile al piccolo cieco trovare il nuovo nel mondo che lo circonda, lo cerca dove lo può trovare e in esso si appunta con tutta la sua energia. Non è sempre vero che la natura non fa salti; essa, pur di raggiungere un accomodamento, salta su molti processi, quando questi processi siano stati posti in difficoltà da una lesione. Così che è possibile vedere un interesse astratto nei bambini che non dovrebbero possedere che una curiosità per cose concrete.